Rita
Bellini

 


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“Non sento più gracidar le rane”


poesie di Rita Bellini
2014
Granviale Editori

Introduzione

Rita Bellini in quest’ultima raccolta di poesie esprime e impegna tutta se stessa. Traduce infatti le piè remote emozioni della sua anima con una forza espressiva in tutta schiettezza in un linguaggio, filtrato nella mente, che riporta le più nascoste esperienze della sua vita: emozioni sopite nel suo corpo che con forza espressiva prorompono con coraggio in un linguaggio di riscatto umano.

Non subisce l’influsso e l’oltraggio dell’offesa: e ribatte con orgogliosa sicurezza ciò che nel mondo è inciviltà politica o cattiva educazione e senso dell’umana superbia e supina insipienza.

Stupisce quindi questo trasferirsi tutta in un linguaggio scritto ciò che finora Rita ha voluto dimostrare e compiere nella sua vita artistica: ha percorso molte strade dell’arte: scultura, pittura, canto - e della cultura con studi di filosofia.

Si ritrova, nel suo nuovo libro, “A...volo d’uccello” un tripudio di colori infuocati, in cui l’artista pare come voler guardare, sospesa tra cielo e terra come un volo d’uccello che s’appaga del suo volare.

Rita inizia le sue poesie abbandonandosi ai “ricordi” di “una scodella di cenere” dove la madre riposa rievocando affetti che non suonano rimpianto ma forza di vita, parole vissute non sdolcinata retorica, rievocando, con altri contenuti, valori monumentali in uno scorrere d’archi di un chiostro e suoni nell’incedere di passi e di “gregoriano canto”.

I ricordi non sono ripensamenti o vendette ma riprovazione naturale alle impostazioni che si ripetono tra generazioni.

E forse la riflessione poetica può dar quiete al desiderio di rinnovamento nelle coscienze dell’assenza di giustizia senza “pianto d’innocenti” ma con grida di gioia infantile, senza “terra matrigna” sognando il pane di una mensa amica ed una vita aperta alla amicizia, in piena umiltà d’animo, senza alcuna velleità di rivincita o “sudditanza”.
Ritrovare equilibri, dunque, tra ambigue ragioni più o meno presenti; sbarrare la porta agli errori e proporre congiunte equazioni di comune civiltà, sapiente convivenza,...tra cielo e mare o tra terra e cielo... allontanando egoismi, prepotenza traendo dai “Sacri Libri” saggezza senza condizionamenti e soprusi e, solo allora, leggeri come “farfalle al vento” tra “mammelle” di nuvole, come acquasantiere, guardare, senza filtri, simboli di credo in “Sacri testi” e ritrovando i sensi perduti dell’anima in Dio, e poter vivere il “silenzio del deserto” non nel grido di dolore “dei Modigliani” ma in una possibile serenità di vita... contemplando il tempio del cielo... sospesi da aliti di vento e da ricordi.

Domenico Simi de Burgis